Polvere sul mare


  1. Polvere sul mare

    AvatarBy Tiferet Akimizu il 13 Mar. 2013
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    Benvenuti.
    Nella home del blog ho pensato di mettere un racconto che spiega cosa per me sia la scrittura, una delle mie compagne di vita.
    Perché ogni tanto sento il bisogno di un'uscita di sicurezza, e allora scrivo.
    Per scriverlo mi sono ispirato al bellissimo racconto "Il drago di carta" di Ferdinando de Blasio di Palizzi

    Sempretriste



    Caterina nacque piccola e con la testa a forma d'uovo. Era viola, pelosa e con gli occhi enormi. Non piacque a nessuno. L’ostetrica arricciò il naso e anche la madre fece una smorfia prima di attaccarla al seno.
    Settima figlia con sei fratelli crebbe nascosta negli angoli di casa. Sembrava fatta di polvere, tanto era leggera e impalpabile.
    Tutti pensavano fosse un po' matta. I capelli sempre arruffati, i vestiti da maschio recuperati e troppo grandi, non sorrideva mai. Caterina Sempretriste.
    Passava le giornate sospesa sui rami del castagno in cortile, i piedi che dondolavano nel vuoto e la testa oltre le foglie, appena sotto le nuvole.
    Sognava di essere un aviatore, un esploratore, un vampiro pallido e romantico.
    Ma la sera scendeva dall’albero, si guardava le mani e altre non erano che quelle di Caterina Sempretriste.
    Pensò allora di trascrivere i sogni, per non farli evaporare col tempo.
    Alla fine voleva solo un’altra vita. O almeno immaginarla.
    Ma ogni volta che si sedeva davanti al foglio il demone bianco della scrittura le batteva sulla spalla con le dita rachitiche.
    - Non riuscirai mai a scrivere niente, - le diceva. - Sei condannata.
    E Caterina si bloccava, con la penna a mezz’aria. Svuotata.

    Compì dieci anni in un giorno senza nuvole. Nessuno in casa si ricordò di lei.
    Piangendo salì sul castagno e si sdraiò sul ramo più alto. Stremata si addormentò e sognò di cavalcare nel deserto del Messico uno stallone nero e selvaggio.
    La luce della luna piena la svegliò a notte fonda. Il sogno era ancora così vivo che il desiderio di trascriverlo le fece male alle tempie.
    Recuperò la penna dalla tasca dei pantaloni e cominciò a scrivere della sabbia rovente sul polso, del vento del deserto sul palmo, dei cactus e degli avvoltoi sulle caviglie. Ma come rabbiosa aveva iniziato, senza ispirazione si fermò.
    Il demone volava dietro di lei. Aveva lunghe ali bianche e sottili, come fogli di carta.
    Rideva, indicandola.
    Caterina urlò, alzò la penna e colpì il mostro dritto al ventre, facendolo precipitare al suolo. Un tonfo sordo, una nuvoletta di polvere.
    Caterina saltò giù dal castagno e gli si inginocchiò di fianco.
    Dal ventre trafitto del demone il sangue nero d’inchiostro sgorgò lento, imbrattando le ali e creando lettere, che formarono parole, che si ordinarono in frasi, che diedero vita a una storia.
    Che più o meno iniziava così: Caterina nacque piccola e con la testa a forma d’uovo. Era viola, pelosa e con gli occhi enormi.
    Ma piacque a tutti, perché venne al mondo ridendo.

    ...

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